L’Italia è il secondo paese europeo ad attuare un’intensa attività bonificatoria per recuperare terreni paludosi e malsani da destinare all’agricoltura.
Tale attività trova radici lontane risalenti all’epoca romana, quando furono eseguiti grandi interventi idraulici sia per allontanare le acque sia per consentire l’accesso al porto di Aquileia.
Durante il Medioevo gli interventi s’interrompono, la zona è ripetutamente invasa e questo provoca un abbandono e un deterioramento delle strutture idrauliche.
Nel tardo ‘600 l’attività bonificatoria sul territorio riprende grazie ad Antonio Savorgnan nelle zone di Torviscosa; tra le molteplici opere realizza canali per lo sgrondo delle acque e introduce la coltivazione del riso. Questo intervento è considerato come precursore della bonifica moderna. all’epoca furono fatti molteplici interventi in molte zone della Bassa Friulana. Nel Friuli sotto l’Austria ebbe notevole importanza l’editto di Maria Teresa, a seguito del quale furono eseguite grosse opere di bonifica nell’aquileiese e zone limitrofe. Nelle altre zone non sono registrate opere idrauliche rilevanti perché i terreni presentavano una loro capacità di scolo naturale.
Nel 1876 fu costituito un Consorzio tra la Provincia di Udine e un gruppo di 24 Comuni, l’obiettivo era quello di assicurare al medio Friuli le acque per uso domestico, civico, artigianale e irriguo; gli elevati costi e la mancanza di una cultura irrigua portarono al fallimento delle opere di irrigazione.
Con l’avvento della Prima Guerra Mondiale il territorio è completamente alterato. Le poche strutture irrigue costruite fino a quel tempo sono distrutte. I canali diventano trincee, i manufatti abbattuti per utilizzare i materiali di risulta per costruire opere difensive, ed infine i depositi consorziali saccheggiati dalle truppe di passaggio. A guerra terminata la conta dei danni restituisce un’immagine tutt’altro che rosea delle strutture consorziali.
La prima legge in materia di bonifica è la n. 3256 del 30 dicembre 1926, comunemente chiamata “Legge Serpieri”. Tal emendamento permette la creazione di Consorzi di bonifica gestiti dallo Stato. Questi organi s’impegnano sia a bonificare le aree paludose e malariche sia a gestire il patrimonio silvo-pastorale. Nella seconda metà degli anni Venti lo Stato investe sui lavori di bonifica e costituisce in tutt’Italia Consorzi di bonifica.
Nel 1928 Mussolini promulga la legge n. 3134 sulla bonifica integrale. Questa legge dispone che tutti i terreni improduttivi o abbandonati siano espropriati, per circa due terzi, e affidati allo Stato. A sua volta, lo Stato, commissiona all’Opera Nazionale Combattenti l’incarico di tutti i progetti di bonifica. Il Paese impegna numerose somme di denaro per finanziare interventi idraulici e opere di trasformazione agraria, al fine di ruralizzare il proprio territorio. La crisi del 1929 riduce notevolmente i finanziamenti da parte dello Stato nei confronti delle azioni bonificatorie.
La legge n. 215 del 1933 stabilisce che tutti gli interventi di bonifica siano statali, ciò avviene per mano di Serpieri.
Durante il secondo conflitto mondiale si continua a bonificare i territori. I risultati non sono quelli auspicati, nemmeno vent’anni dopo la Grande Guerra la situazione è punto a capo. Il conflitto distrugge edifici consorziali e strutture irrigue. Ancora una volta la necessità di ricostruire l’intero organismo del Consorzio avvia una ripresa forte e completa.
Redatto da Giulia Antonelli